ATTENZIONE: QUESTO ARTICOLO è DEL 2014 E POTREBBE NON ESSERE AGGIORNATO
Si è tenuta ieri nella sede dell’Ordine degli Psicologi del Lazio la prima riunione del gruppo di lavoro in Psicologia Forense. L’occasione era quella di illustrare i primi provvedimenti del nuovo consiglio dell’Ordine in una materia in fermento e in rapida evoluzione, e di favorire una partecipazione orizzontale di chi opera sul campo. Un problem finding e un tentativo di problem solving, quindi. Questi i principali temi di cui si è trattato.
Denunce tra colleghi
La Commissione Deontologica, secondo il consulente legale dell’Ordine Antonello Cucino, è oberata di lavoro per ricorsi contro colleghi impegnati come CTU e CTP: una stima di 50 casi solo quest’anno. La ragione principale è considerata la scarsa preparazione dei colleghi sulle regole processuali. C’è di sicuro qualcos’altro: un appiattimento del ruolo dello psicologo consulente di parte che diventa in certi casi una sorta di mini avvocato, nella convinzione che si debba attaccare la controparte utilizzando ogni sistema. Il ruolo del CTP è delicato e potenzialmente scomodo: pur essendo partigiano rimane uno scienziato e dovrebbe contribuire alla costruzione di senso. Non tutti la intendono così; e le difficoltà economiche che attanagliano la nostra categoria non fanno che rinforzare le rivalità. Un homo homini lupus che, a dirla tutta, poco si concilia con la sofisticata sensibilità che dovrebbe essere propria degli esperti di emozioni e relazioni.
Differenza di compensi
Alcuni colleghi riportano l’enorme differenza che c’è tra i Tribunali o tra giudici dello stesso foro: anticipi d’oro e onorari adeguati in qualche caso, specie a Roma. Assenza di acconto, diniego di collaboratori in altri casi. E’ stato fatto presente come molti colleghi si siano cancellati dalle liste di CTU, non ritenendo conveniente ottenere un gravoso incarico da pubblico ufficiale per poche centinaia di euro. C’è chi parla di squalifica professionale da parte di alcuni giudici e chi di nebulosità del nostro ruolo professionale, dal momento che alcuni incarichi – valutazione del danno o mobbing, ad esempio – vengono spesso conferiti a medici legali. La proposta a breve termine è quella di rendere omogenei i compensi a livello nazionale.
Tirocini per CTU
Per ovviare alla scarsa preparazione di alcuni colleghi che operano del campo è in fase avanzata la proposta di un tirocinio annuale per aspiranti CTU, che nell’ipotesi attuale dovranno partecipare a tre perizie di colleghi esperti o in alternativa dimostrare di aver lavorato come consulente di parte in almeno dieci cause, per poter accedere alle liste. Rimane il problema dei criteri di selezione dei colleghi arruolati come tutor e di come verificare l’effettivo esercizio del tirocinio evitando attestazioni non veritiere. Oltre alla perplessità di regole proposte da un Ordine regionale, che varrebbero solo su un territorio: le proposte andrebbero avanzate a livello nazionale.
Linee guida Vs. Buone prassi
Le diverse linee guida in materia giuridica proposte dal precedente consiglio, in particolare quelle sulla valutazione del danno e sull’ascolto del minore, sono state aspramente criticate sul piano scientifico. Non mi esprimo su questo, ma senz’altro c’è da considerare l’inconciliabilità dei diversi protocolli in uso. Si è detto che da professionisti dobbiamo assumerci delle responsabilità, anche per le scelte di metodologia scientifica. Coerentemente a questo il gruppo di lavoro sta lavorando non a nuove, ennesime linee guida che rischiano di diventare un esercizio narcisistico o pro domo sua, ma a exempla di buone prassi. Chi scrive ha sollevato la necessità di ampliare la raccolta di buone prassi anche alla mediazione familiare, materia in cui gli psicologi si mostrano poco attenti tanto da aver lasciato campo libero alla coriacea categoria degli avvocati, particolarmente nella fibrillante fase della riforma del diritto di famiglia.
In conclusione non si può che lodare l’iniziativa del gruppo di lavoro, in grado di riunire ottime professionalità in un clima collaborativo e di attento ascolto delle esperienze di chi opera nel campo. La prossima riunione è prevista per il 13 dicembre, allorché si celebrerà il ventennale dell’Ordine: si invitano i colleghi a partecipare, tutti i gruppi di lavoro presenteranno i propri risultati e sarà quindi un’ottima occasione per aggiornarsi su quanto accade nella nostra professione; l’ingresso sarà libero.
Nicola Boccola – 11 novembre 2014
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Nota lessicale
Mi rendo conto di aver abusato del latinorum per la scrittura di questo pezzo. Naturale o inevitabile, quando si lambisce il diritto. Un buon italiano è imprescindibile, l’inglese sempre utile per offrire un atmosfera tecnica. Ma non abusiamone.
Si conferma ampiamente che il primo business per la psicologia è la formazione 5 aa di laurea (che senso ha ancora il 3+2 per una materia così complessa), 1 a di tirocinio post obbligatorio, 4 di specializzazione (incredibile la costellazione di indirizzi, superiore a quella delle confessioni e sette religiose). Finora ho contato 10 aa, più corsi e corsetti.
Mediamente si stima che chi si iscrive a psicologia spende almeno € 40.000 che non recupererà mai, essendo la professione a maggior rischio disoccupazione.
Gli Ordini pensino a
– vigilare sulla adeguata formazione, che compete all’Università;
– si attivino per creare norme occupazionali e di competenza degli psicologi;
– vigilino sugli abusi
Presidende, Nicola P. se non pensiamo almeno a queste 3 direttrici, per la buona prassi dell’Ordine, come ebbi già a suggerirti, credo sia doveroso dire ai giovani che vogliono fare gli psicologi che dopo almeno 10 aa di studi e migliaia di €, restano disoccupati e vittima del BUSINESS FORMAZIONE. Cordialmente. Aldo Sanapo
Il punto che mi preme maggiormante è quello sui “Tirocini” che andrebbe forse a risolvere il problema dell’attuale INACCESIBILITA’ alle liste. Quando parlo di liste intendo non soltando quella “Ufficiale” dell’albo dei CTU ma anche di liste che girano tra i Giudici. Insomma mi riferisco allla problematica del turn over dei consulenti e periti. Attualmente le liste sono “chiuse”, sono nominati sempre gli stessi colleghi che grazie a questa metodologia hanno potuto acquisire esperienza, competenza e soprattutto fiducia. Possono i tirocini risolvere questo problema? Non è troppo vincolante una soglia di 10 consulenze di parte per poter essere accettati nei tirocini? I tutor saranno gli stessi colleghi che già collaborano con i tribunali? Se esiste un albo valutato ed approvato da una commissione, perchè servono ulteriori verifiche? a me sembra un modo per allungare il brodo e a beneficiarne saranno sempre gli stessi. Grazie
Ritengo entrambi i commenti significativi.
Aldo, ciò che scrive è incontrovertibile. Il paradosso è che a fronte degli anni di formazione, nell’ambito della psicologia giuridica ci sono sacche di improvvisazione e impreparazione. Meno anni, più qualità, percorsi formativi e professionali più definiti. Il problema è il come.
Aida, d’accordo con lei, i criteri di accesso e di nomina andrebbero ottimizzati e soprattutto dovrebbero essere omogenei in tutte le regioni e i tribunali. Rappresenterò le vostre considerazioni alla prossima riunione.
Nicola Boccola
E’ vero la formazione e’ costosa e richiede ( almeno per chi non ha sostegni economici esterni) molti sacrifici credo tuttavia che la molteplicità delle offerte dovrebbe rispecchiare una complessità del funzionamento psichico che può essere guardato attraverso molte diverse lenti che tuttavia si toccano o convergono . Il problema e’ quello di saper distinguere la proposta manipolativa da quella che offre effettivi strumenti di crescita professionale . Forse l ordine dovrebbe sorvegliare su queste differenze.Per quanto riguarda il ruolo di Ctu esistono già corsi di preparazione in psicologia giuridica che forniscono strumenti e supervisioni. Si tratta poi di una questione di responsabilità personale il fatto di ritenere essenziale frequentarli o meno prima di provare ad iscriversi nelle liste dei tribunali . I tribunali stessi pur consigliando corsi di formazione non li considerano obbligatori.
Mi focalizzo sulla “Formazione di Psicologo giuridico”.
Ho frequentato quest’anno un corso di Psicologia Giuridica a Roma, devo dire ben organizzato (seppur con qualche pecca) con docenti preparati.
arrivo al punto.
Ho deciso, di non sostenere la prova finale, perchè, essendo impegnata nella preparazione per l’EDS ( differenza di due giorni tra le prove dell’EDS e quelle del corso) e avendo un altro impegno, temevo che non sarei riuscita a fare una “Buona prova finale”.
La prova finale consisteva in:
–Un elaborato finale su una tematica (precedentemente accordata) giuridica (mi sono sempre chiesto il senso di cio’), una sorta di tesina in pratica
—Note critiche su una CTU
—Una prova orale.
Credevo che la prova orale riguardasse gli argomenti trattati durante il corso: “Fondamenti generali di Psicologia Giuridica e Psicodiagnostica clinica e forense.
Elementi di diritto e Fondamenti di Psicologia Giuridica. Ruoli e funzioni del perito, del CTU e del CTP nella normativa vigente e nella prassi psicologico-giuridica. ll ragionamento in ambito giuridico. La metodologia psicologica e psicodiagnostica: anamnesi, colloquio clinico e tests. Aspetti normativi in relazione alla CTU di affidamento minorile. I vari tipi di affidamento. La metodologia psicologica nella CTU di affidamento minorile. Criteri psicologici in tema di capacità genitoriale. Relazioni patologiche…………………, quindi ho pensato, “il tempo a mia disposizione, purtroppo, non mi permette di studiare bene gli argomenti trattati, devo assolutamente rimandare la prova (1 anno per la precisione)”.
Al termine delle prove, ho contattato qualche collega per sapere come era andata la prova,e con mio grande sconcerto vengo a sapere che NON HANNO CHIESTO NULLA RIGUARDO AGLI ARGOMENTI TRATTATI durante il corso, hanno discusso della “tesina”, e basta, non solo, gli attestati erano già pronti, e consegnati al momento.
Sono rimasta veramente indignata, e delusa, per questo andrò a parlarne personalmente, perchè ritengo che le scuole di formazione HANNO UNA RESPONSABILITA’, e anche NOI STUDENTI.
Non si può pensare sempre e soltanto al guadagno economico!
Barbara, penso di aver fatto lo stesso tuo corso. Posso capire la frustrazione. Molte persone avevano deciso di rimandare la prova, vista la complessità.
Tuttavia, secondo me vanno distinti i corsi dai master.
La prova che abbiamo sostenuto aveva comunque il sapore di un esame, ma non ci hanno “interrogati”; hanno visto come ci muovevamo rispetto alla tesina e hanno valutato la CTU (io ho fatto anche la CTP) e i nostri commenti.
Durante il corso io sono stata agevolata perché ho fatto una magistrale in Devianza e Sessuologia e avevo studiato già tutto quello che hanno insegnato (compreso il diritto penale). A me il corso è servito per la parte pratica, ma ammetto che chi veniva da clinica era disorientato. Secondo me per un lavoro così particolare, difficile e con regole e ambiti diversi dalla psicologia, ci vuole tempo per sentirsi pronti ad affrontarlo da soli. Se non ci si sente ancora pronti per una CTP (loro consigliavano di cominciare con quelle), si possono chiedere delle supervisioni.