Le distorsioni dei media nella vicenda del bambino di Padova

Tra le deformazioni più evidenti dei media nella vicenda di Padova  l’acritica adesione alla versione dei fatti della madre del bambino nel raccontare la vicenda, incurante dell’ottica sistemico-relazionale nonché della sentenza con cui a questa era revocata la potestà genitoriale; la discussione sulla sindrome da alienazione genitoriale (PAS), quasi sempre fraintesa e rigettata talvolta sulla base del giudizio personale sulla vita di colui che l’ha descritta, lo psichiatra americano Richard Gardner. Il dibattito è andato avanti per giorni: di seguito una rassegna delle intrecciate trame in cui si è evoluto.

Prima fase: le reazioni emotive e pro domo sua

L’11 ottobre l’Ansa, ripresa da diversi quotidiani, riporta le parole della madre per cui “secondo la Pas, se il bambino non viene prelevato dalla famiglia materna e “resettato” in un luogo neutro, come una sorta di depurazione, non potrà mai riallacciare il rapporto con il padre. Tutto questo in base a una scienza spazzatura che arriva dall’America”. La notizia è riportata attraverso il punto di vista della madre, che offre anche il suo giudizio su fatti scientifici. Su questa parziale ricostruzione si basa il dibattito nei primi due giorni: ampio spazio è offerto anche all’avvocato della donna, che basa la propria strategia processuale per il ricorso in appello contro la revoca della potestà genitoriale definendo la PAS “una porcheria frutto della mente di un pervertito”.

In questa prima fase si registrano comportamenti incongrui e non certo orientati al riserbo e al benessere del minore coinvolto, da parte di politici e osservatori: la deputata Alessandra Mussolini, servendosi di una norma costituzionale sul potere ispettivo dei deputati, irrompe nella struttura dove il bambino è stato portato, lo incontra “per assicurarsi che stia bene” e riferisce la loro conversazione.

Il Garante per l’Infanzia Vincenzo Spadafora invece afferma di ribellarsi allo “sciacallaggio” di chi preme per incontrare il bambino. Non manca però di inopportunamente raccontare in televisione i temi scritti dal bambino, fornendone anche ingenue letture psicologiche.

Seconda fase: tutti pazzi per la PAS

Si comincia ad approfondire scientificamente la vicenda. Il dibattito però, più che vertere sull’utilizzo scientifico della PAS, sul possibile inserimento nel DSM V, sulla sua presenza nelle linee guida in tema di abuso di minori della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza e soprattutto sul fatto che descrive modalità relazionali riconosciute da sempre sotto altre etichette, si concentra sulla vita di chi la PAS l’ha definita.

Secondo Sandra Amurri sul Fatto Quotidiano lo psichiatra Richard Gardner è «morto suicida, dei padri pedofili scriveva: “Non bisogna essere troppo punitivi nei loro confronti, in caso di abuso sessuale del padre sui figli, il padre non va allontanato da loro». Sul quotidiano Il Manifesto, secondo quanto riferisce Il Giornale, Luisa Betti scrive che «la Pas serve spesso per tappare la bocca ai bambini che non vengono presi in considerazione nei loro racconti». Maria Novella De Luca su Repubblica afferma che la PAS è «una malattia non riconosciuta da alcuna comunità scientifica», e ignorando le nozioni metodologiche di base della psicologia clinica e giuridica afferma che nella PAS «il bambino non vuole frequentare altro genitore. Cosa ben difficile da accertare, anche se questa sindrome esistesse davvero». Particolarmente grave quanto invece viene detto al TG5: oltre a rimarcare il suicidio di Gardner, al riguardo si dice che «il bambino non viene ascoltato, perché tutto quello che dice è considerato il frutto avvelenato della manipolazione psicologica subita. Non si cerca di capire il motivo profondo del rifiuto di uno dei due genitori».

A parte la biblica connotazione negativa, nel servizio si presuppone che un bambino sia ingiustamente etichettato, ignorando che nelle consulenze tecniche e più in generale nel processo psicodiagnostico tali motivi profondi sono cercati a priori. Solo dopo una lunga investigazione vengono forniti diagnosi e prognosi psicologica. Nel caso di Padova, secondo il Corriere della Sera il consulente Rubens De Nicola descrive il comportamento del bambino in nove pagine, prima di arrivare alle sue conclusioni. Dice la PM Matone nella trasmissione televisiva Porta a Porta di Bruno Vespa: «se uno si legge il decreto con attenzione, al di là della CTU, c’è descritta in maniera analitica quella che è stata la condotta scellerata di questa persona che ha portato le cose fino a questo punto». Inoltre mai si evidenzia che in presenza di reali abusi del genitore “alienato”  la diagnosi di PAS non è applicabile. I vari giornalisti saltano a pie’ pari questi fondamentali passaggi.

Terza fase: la riparazione

Col passare dei giorni e lo scemare dell’emotività, le redazioni hanno ritenuto di offrire sempre maggior spazio agli addetti ai lavori e ai dettagli tecnici: in molti casi si è trattato di una vera e propria boccata di ossigeno. L’intervento a Repubblica di Anna Oliviero Ferraris, docente di Psicologia dello Sviluppo alla Sapienza, è da manuale: si evidenzia la vicenda con un’ottica finalmente non adultocentrica, offrendo nuove considerazioni al dibattito (la classe dove è stato prelevato il bambino era forse luogo neutro per i genitori ma certo non per il minore), soluzioni alternative (affido temporaneo ad altri parenti e non alla casa famiglia; multe per i genitori che non rispettano sentenze), riferimento agli altri strumenti a disposizione (mediazione familiare). Altrettanto si può dire dell’intervento di Luigi Cancrini sul Fatto Quotidiano, in cui si approfondisce la questione del “conflitto di lealtà”.

Un gruppo formato da alcuni tra i più importanti psicologi giuridici italiani, tra cui Marisa Malagoli Togliatti, Guglielmo Gulotta e Patrizia Patrizi, ha poi diffuso un documento sulla bigenitorialità, in cui si fissano degli elementi chiave per leggere scientificamente le separazioni caratterizzate da alta conflittualità, come quella di Padova. Leggi tutto: ultimo documento sulla bigenitorialità

In conclusione, come psicologi possiamo comunque dire di avere imparato qualcosa da questa vicenda: potrà essere usato contro di noi non solo tutto ciò che scriviamo in una relazione tecnica, ma anche ciò che i media arbitrariamente intendono di essa.

Nicola Boccola – 7 novembre 2012 – ha collaborato Giulia Galletti

Resta aggiornato: iscriviti alla nostra newsletter

One Comment on “Le distorsioni dei media nella vicenda del bambino di Padova”

  1. Sono arrivati a scuola con la pantera della polizia, hanno fatto uscire il bambino dalla classe, una quinta elementare, per portarlo in una struttura protetta. Trascinato via a forza, con i parenti che urlavano contro i poliziotti, colpevoli di eseguire un’ordinanza della sezione Minori della Corte d’Appello di Venezia. Ma le immagini riprese dalla zia e trasmesse da «Chi l’ha visto» hanno sconvolto tutto il paese e sono arrivate in Parlamento. La vicenda del piccolo di Cittadella (Padova) figlio di due genitori separati non è più relegata al dolore di due famiglie.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *